L’ITALIANO IN FAMIGLIA
C’era una famiglia italiana composta da quattro persone: Paolo, Anna, Marta e Carlo. La famiglia Fappani abita a Brescia, in un appartamento al terzo piano di un piccolo condominio, situato nel centro della città. Con il loro aiuto bambini, studenti e adulti immigrati impareranno a conoscere e a utilizzare la lingua italiana.
Era questo l’obiettivo dell’originale format televiso “L’italiano in famiglia”, una serie tv, voluta e ideata dall’ufficio scolastico provinciale di Brescia, trasmessa sulle frequenze di RTB Network o sul canale 829 di Sky e che porta la firma della dottoressa Patrizia Capoferri, da anni impegnata per l’integrazione linguistica degli alunni e attualmente referente intercultura dell’ufficio scolastico provinciale del capoluogo lombardo.
Con la famiglia Fapponi s’impara l’italiano: 20 puntate di circa 20 minuti, con la possibilità di sviluppare i contenuti di ogni lezione, grazie ai materiali pubblicati sul sito del progetto italianoinfamiglia.it
Dottoressa Capoferri, perchè una serie tv come corso alla conoscenza linguistica italiana per gli immigrati?
Per raggiungere tutti quei cittadini stranieri che non possono frequentare, per motivi professionali o culturali, i corsi di alfabetizzazione organizzati sul territorio (es- tutti i lavoratori, le donne soprattutto di cultura islamica, i carcerati…). La conoscenza della lingua è indispensabile al processo d’integrazione ed inclusione. L’apprendimento della lingua italiana da parte degli immigrati costituisce uno snodo fondamentale nel processo d’integrazione. Attraverso le parole della lingua s’impara a raccontare il mondo, a esprimere bisogni, valori, norme, significati, sensazioni, emozioni. Oltre ad imparare il nuovo codice per comunicare, studiare e lavorare, gli apprendenti immigrati devono riuscire con il tempo ad abitare la lingua, per integrarsi in una comunità linguistica e culturale che condivide metafore, riferimenti, “sfondi” culturali. Affinché ciò avvenga è fondamentale che il luogo d’apprendimento “scuola, strada, negozio, fabbrica” divenga essenzialmente un luogo d’incontro e di scambio interculturale, nel quale le lingue e le storie di ciascuno possano essere riconosciute e valorizzate e il nuovo codice sia una componente pregnante ed affettiva di una identità plurale. Promuovere, pertanto, l’apprendimento dell’Italiano permette di sostenere lo sviluppo delle potenzialità personali e contemporaneamente contribuisce a prevenire i conflitti e i comportamenti a rischio che possono minare il processo d’integrazione e coesione sociale degli immigrati.
Il format è in onda da febbraio, com’è il bilancio dopo un mese?
I risultati sono sorprendenti, al di là di ogni più rosea aspettativa. Abbiamo riscontri numerosi dalla nostra provincia, dall’Italia, ma anche da tutto il mondo: contatti di gente comune, ma anche di docenti e professionisti che esprimono i loro apprezzamenti e dichiarano di utilizzare a loro volta il nostro corso. Finora abbiamo gli accessi al sito: una media di 250 contatti giornalieri, con un tempo medio di permamenza di 11 minuti (è un tempo molto alto perchè nel web il tempo è misurato in secondi; tutte le pagine sono utilizzate).
Per i residenti nella provincia di Brescia esiste anche la possibilità di sostenere un esame presso i Centri territoriali permanenti, per ottenere la certificazione delle competenze acquisite riconosciute. Una certificazione che ha valore internazionale. Insomma, “L’italiano in famiglia” è davvero una rivoluzione nel campo dell’integrazione.
Crede che questo progetto possa essere esportato in altri comuni italiani?
Sicuramente sì, perchè anche se nasce a Brescia le proposte sia linguistiche che di contenuto e tutto il format sono versatili alle diverse realtà. E per questo riporto il testo di una delle numerose mail che ogni giorno riceviamo:
“Io mi chiamo Naseer.Sono vengo dal pakistan.sono in Italia da undici mesi.Io parlo itiliano unpò ma io vado a scuola,si chiama Ugo Foscolo per frequentare lizione.il mio professore si chiama Julliana.Io parlo inglese molto bene.Io guardo il tuo programma sul T.V.puntuale perche io devo imparare itiliano molto bene .Voglio parlare itiliano come tu.Vorrei prendere il tuo assisto in imparare.sei benissimo.Ciao,Naseer”
“Hola quiero estudiar Italiano, pero hablo español, como hago para ver las indicaciones en español?”
E ora ci spieghi come la scuola di Brescia vive e risponde alla massiccia presenza di alunni stranieri?
Brescia è la terza provincia italiana per presenza di alunni stranieri con una media del 18% ed un arrivo di 120 neoarrivati al mese. L’USP di Brescia risponde con delle risposte di sistema: sostiene la formazione dei docenti per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri; grazie ad un accordo interistituzionale, unico accordo su tutto il territorio nazionale (accordo dal 2006 con Prefettura, Questura, Comune di Bs, Associazione Comuni Bs, Provincia e Scuole autonome) siamo in grado di gestire l’iscrizione dei minori ancora al momento del rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare (quindi ancora quando l’alunno è nel paese d’origine); abbiamo azioni precise per aiutare nella scelta della scuola secondaria di II grado; proponiamo un’integrazione di qualità diffusa in tutte le scuole grazie alla rete dei 9 Centri territoriali per l’intercultura: 3 centri in città e 6 in Provincia.
E i bambini della scuola dell’infanzia e della primaria come vengono accolti?
Le esperienze sono tante: abbiamo predisposto protocolli d’accoglienza che propongono linee d’intervento uguali in tutte le scuole, più altre che possono essere attivate a seconda delle diverse esigenze nel rispetto dell’autonomia scolastica.
Oltre alle buone pratiche, ci sono situazioni allarmanti, di emarginazione o disagio, che rendono calda la convivenza tra autoctoni e chi ha scelto la sua provincia?
Per il momento non abbiamo situazioni particolarmente esplosive anche se il grado di attenzione è sempre molto alto.
Cosa si puo’ fare ancora? E chi puo’ dare una mano ad un’integrazione reale?
Si può fare molto e tutti possono fare: ho imparato che si può procedere solo a piccoli passi, non dando nulla per scontato, sempre in un’ottica veramente interculturale di confronto e cooperazione in un clima di grande professionalità.
Invii un messaggio ai bambini: manca un ponte fra i cuori. Se questo ponte ci fosse, gli uomini si scambierebbero i segreti, i motivi lieti, il sorriso e il perdono… prendetevi per mano e insieme costruite questo ponte!
Invii un messaggio agli adulti: non occorre fare tante cose, basta solo fare con responsabilità.