IN COMPAGNIA DI UN LIBRO NON SI E’ MAI SOLI
Con i bambini bisogna poter parlare di tutto. Anche di argomenti dei quali la maggior parte degli adulti provano delle incertezze. Con i bambini bisogna confrontarsi e creare per loro la strada utile alla conoscenza, alla comprensione e alla cura di questo mondo. Di un mondo che vive di paure e di insicurezze, di fallimenti ma anche di vittorie.

Francesca Capelli è una giornalista italiana che di questi principi ne ha fatto virtù. E con i Bambini si misura e si raffronta. Per loro descrive e favoleggia, documenta e consiglia, fa da cantastorie.
E’ l’autrice di una serie di libri nei quali affronta temi consistenti come l’educazione ambientale, alla cittadinanza, al consumo consapevole, alla filosofia, alla riscoperta dei mestieri di una volta.
E’ fondatrice di ragazzinet.it, luogo per concedersi una relazione piu’ diretta con i suoi piccoli lettori. E non per ultimo, organizza laboratori presso le scuole italiane.
Innanzi tutto, grazie di essere con noi…
Chi era Francesca Capelli da bambina?
Sicuramente mi prendevo molto più sul serio di quanto non faccia oggi. Un po’ come tutti i bambini. Mia madre dice che assomigliavo a Mafalda, il personaggio creato da Quino. Ero molto precoce dal punto di vista scolastico. Leggevo tanto e scrivevo. La mia vita si intreccia da sempre con i libri. Ho imparato a leggere a 3 anni e a 10 avevo già finito tutti i libri per ragazzi che c’erano in casa… Sono passata a quelli per adulti. Ricordo che a 9 anni lessi “Beh Hur” in edizione integrale (avevo visto il film con Charlton Heston, ancora oggi uno dei miei preferiti). A 13, esauriti Calvino e Cassola, passai a Moravia… Sempre a 9 anni fondai il mio primo “giornale”, tirato in 5 copie fotocopiate che leggevano i miei parenti. Ricordo che scrissi un articolo sul premio Nobel attribuito a Madre Teresa di Calcutta. Era la fine degli anni ’70, il “terzomondismo” stava esplodendo… Erano temi di cui sentivo parlare – in casa, in parrocchia… – mi interessavano, ovviamente con l’ingenuità di una bambina di quell’età. A tanto precocismo “cognitivo” non corrispondeva una maturità emotiva di pari livello. Facevo i capricci come tutti miei coetanei, non accettavo le frustrazioni, piangevo se il giorno della gita al mare il tempo era brutto. La mia fortuna è stata una grande capacità di essere felice (malgrado un’infanzia segnata da una serie di problemi oggettivi). Capacità che ho conservato anche oggi.
Cosa l’ha spinta a rivolgersi ai bambini e ai ragazzi e non solo ad un pubblico adulto?
Tutto è iniziato nel 1998. Premetto che io “nasco” come giornalista scientifica. In quel periodo lavoravo a “Newton” (Rcs), rivista da cui mi sono dimessa nel 2000. Mi chiesero di scrivere in tempi da record un libro per ragazzi per le edizioni Dami, “La macchina uomo”, dedicato al corpo umano. Mi divertii moltissimo e decisi che prima o poi avrei ripetuto l’esperienza. Nel 2000, per una serie di motivi personali e professionali, ho lasciato il posto da caposervizio a “Newton” e ho iniziato a lavorare come giornalista freelance. Intanto il sogno di scrivere per ragazzi se ne stava lì, in attesa. Nel 2001, con il boom dei siti Internet, ho aperto Ragazzinet.it (in una versione graficamente diversa da quella attuale, per vederla basta collegarsi a www.ragazzinet.it e cliccare “Per nostalgici”, apparirà l’ultimo aggiornamento), che ha ricevuto subito una buona accoglienza sia tra i ragazzi, sia tra i genitori e gli insegnanti. Grazie anche a questo “biglietto da visita”, Giunti Progetti Educativi mi ha dato fiducia e mi ha permesso di provare, commissionandomi un primo libro. E da lì il rapporto è continuato ed è cresciuto. Perché preferisco scrivere per i ragazzi? Beh, prima di tutto perché loro preferiscono leggere. E poi i bambini hanno un grande senso della giustizia e maggiore sensibilità ambientale, è più facile che ascoltino…
Soprattutto, credo di avere una parte infantile molto sviluppata, quindi mi piace molto comunicare con i bambini, ascoltarli, mi fanno ridere le stesse cose che divertono loro (per esempio, anche io – come peraltro vari scrittori e autori per ragazzi – sono molto interessata all’argomento “cacca”). I bambini sono davvero affascinanti, ma bisogna saperli prendere sul serio… E poi, l’affetto di un bambino è gratuito, non ha secondi fini. Quindi, quando i miei lettori fanno la fila per avere la dedica su un libro dopo la presentazione… E’ una soddisfazione che non si può descrivere.
E’ autrice di libri graficamente spiritosi e tematicamente autorevoli. In essi si parla della difesa dell’oro blu, di come trasformare i rifiuti in qualcosa di utile, di sviluppo sostenibile, di buona agricoltura, argomenti di grande attualità. Equilibrati per i piu’ piccoli e punti di riferimento per gli educatori. Qual è la sua preoccupazione?

Più che preoccupata sono speranzosa. Anzi, ottimista. Certi comportamenti, certe attenzioni che si acquisiscono da piccoli si possono trasformare in stili di vita “definitivi”, più rispettosi degli altri esseri viventi, umani e non. Il mio tentativo, spero riuscito, è di usare l’umorismo, l’ironia, la leggerezza (come la intende Calvino nelle “Lezioni americane”) per comunicare contenuti forti, importanti.

In questo sono aiutata dal lavoro di squadra che c’è dietro a un libro. L’impostazione viene condivisa con i responsabili della casa editrice, si lavora gomito a gomito con gli illustratori e i grafici (responsabili dell’impostazione spiritosa dei libretti), si cercano strumenti divertenti (per esempio il test finale) con i quali sostituire la classica verifica di comprensione del testo. Quando scrivo per i ragazzi ho in mente il “monito” di Raymond Carver agli altri scrittori: “Niente trucchi da quattro soldi”.
Interessante è il suo libro “Chi sono io?”, circa quelle domande che si pongono i “grandi” e naturalmente rivolto ai minori. Ci dica, cos’è la filosofia spiegata ai bambini?
Io in realtà sono la traduttrice. Il libro fa parte della collana “Piccole e grandi domande” che la casa editrice Giunti ha comprato dalla francese Nathan. La collana nasce da un’esperienza di laboratori di filosofia condotti dall’autore Oscar Brenifier nelle scuole primarie di Nanterre. Quindi le domande e le risposte nascono da stimoli che arrivano davvero dai bambini. La novità di questi libri è che non sono semplicemente biografie dei grandi filosofi, ma libri costruiti su problemi, temi, come l’identità, l’etica, la convivenza sociale, la felicità. Libri che stimolano alla discussione e alla riflessione e che possono essere letti dal bambino da solo o con i genitori. Oppure possono trasformarsi in stimoli per un lavoro di gruppo in classe. Ogni libro pone una serie di domande “fondanti”, con una serie di possibili risposte, che a loro volta aprono nuove domande… Fare filosofia è proprio questo, è capire che le domande sono più importanti delle risposte. Anche se l’autore alla fine di ogni capitolo “tira le fila” del discorso, per non abbandonare il bambino ai suoi dubbi, ma contenerli. Fare filosofia con i bambini è molto più semplice che farlo con gli adulti, perché i bambini sono filosofi per natura. L’importante è non scambiare per “frasi buffe” le loro opinioni sul mondo, banalizzandole.
Le statistiche sostengono sempre che l’Italia è un popolo di pochi lettori? Sarà vero? E i bambini leggono?
Si dice che in Italia ci siano più autori che lettori. E credo sia vero. Chi non ha un manoscritto nel cassetto? Niente di male, anzi. Il problema è che la maggior parte di queste persone leggono poco. Mentre uno scrittore dovrebbe essere prima di tutto un lettore. Tra l’altro, le statistiche secondo cui pochi italiani leggono
almeno un libro all’anno comprendono anche le guide turistiche, i libri sui fiori di Bach, i manuali di giardinaggio… I bambini leggono molto di più degli adulti, almeno fino agli 11-12 anni, hanno gusti molto chiari, si scambiano idee. Al Festivaletteratura di Mantova, i bambini arrivano agli incontri riservati a loro con 3-4 libri del loro autore preferito, oltretutto spiegazzati e consunti, segno che li hanno letti davvero e magari più volte. Certo, questi sono un po’ la punta dell’iceberg, bisognerebbe riuscire a raggiungere anche gli altri, i cui genitori di solito non considerano la lettura un valore. In questo senso l’esempio è fondamentale. Io sono cresciuta in un appartamento tappezzato di libri, ma è difficile amare la lettura se l’unico libro presente in casa è il manuale di istruzioni del cellulare.
Ci fornisca un breve vademecum per scegliere un libro dignitoso da regalare a un bambino e un motivo per donarlo al posto di un videogioco.
Il primo motivo per regalare un libro al posto del videogame è che il libro cresce con il bambino, lo accompagna, è sempre nuovo. Cinque anni fa circa ho regalato al figlio di una mia amica, oggi 13enne, “Faccia di maiale” di Anna Lavatelli. La mia amica dice che l’ha letto almeno 8 volte e che continua a tenerlo sul comodino. Ecco, l’amore per i libri si accende quando hai la fortuna di trovarne almeno uno che sembra scritto apposta per te. In generale, io amo molto i libri con un po’ di sana cattiveria, anzi crudeltà. Quelli che fanno stare (un po’) male i bambini, ma poi chiudono il cerchio e riescono a contenerli. Roald Dahl, per capirci, ma non solo. Anche “Una serie di sfortunati eventi”, “L’ultimo lupo mannaro in città” di Guido Quarzo… Credo che il modo migliore per scegliere un libro da regalare a un bambino sia permettergli di formarsi dei gusti e poi ascoltarli (oppure andare completamente controcorrente, ma in modo consapevole). E i gusti si formano leggendo e confrontandosi con altri. Prima ancora che un libro, gli regalerei la tessera della biblioteca. Oggi oltretutto nelle biblioteche si fa molta promozione, animazione, i bambini possono davvero incontrarsi, discutere, conoscere gli autori. La biblioteca è un luogo democratico, non si pagano i libri presi in prestito e le differenze economiche sono annullate. Insegna al rispetto, perché il libro va trattato bene per chi verrà dopo, e restituito nei tempi previsti. Non è un caso che in “It” di Stephen King, secondo me il più bel libro sull’infanzia mai scritto, i ragazzini scoprono come distruggere il mostro proprio grazie a un libro. Lo scrittore americano scrive che nella biblioteca pubblica dove è ambiento il romanzo si accedeva al reparto ragazzi attraverso un corridoio di luce…
Sappiamo che è una fan di Harry Potter. Jack Zipes, uno dei massimi esperti di fiaba e di letteratura infantile, nel suo libro “Oltre il giardino”, critica l’omologazione culturale dei bambini perpetrata da una parte della produzione letteraria (e si cita anche negativamente il fenomeno del maghetto inglese). Cosa ne pensa e come giudica l’editoria infantile di casa nostra?
Anche io critico l’omologazione. Più che “Harry Potter”, critico tutto il business intorno, gli editori che hanno riesumato dalle loro collane fantasy di discutibile valore per cavalcare la moda. Ma non amo il falso moralismo intorno alla pottermania. Non vedo perché noi adulti ci permettiamo di legge Grisham e Follet, insieme con Camus e Tolstoi, e critichiamo i ragazzi quando spaziano tra diversi generi. Certo, se un bambino avesse letto soltanto i romanzi di Rowling e niente altro, bisognerebbe chiedersi perché non riesce a trovare altri libri in grado di attrarlo. “Harry Potter” ha una dimensione messianica (solo un messia riesce a tornare dalla morte), difficile restare indifferenti. Muove corde profonde. Basta pensare ai personaggi di Narcissa e Bellatrix: chi sono se non Goneril e Regan, le due figli cattive di Re Lear, che si odiano ma sono alleate contro la sorella buona? Questi personaggi, a distanza di secoli, ci spingono ancora ad andare a teatro. Perché non dovrebbero appassionare anche un bambino? La mia idea sull’editoria italiana, invece, è questa: traduce troppo e pubblica pochi italiani. Creare un libro da un manoscritto è faticoso, molto più faticoso (e rischioso) che comprare un buon libro pubblicato in Francia, Gran Bretagna, Olanda, Germania o Australia (paese che in questi anni sta producendo lavori molto interessanti). E poi dovrebbe andare meno dietro alle mode… Quanti “emuli” di Harry Potter sono usciti in questi anni? Ci sono vere e proprie ondate tematiche…
Sicuramente di bambini ne avrà visti tanti. Come sono cambiati nel tempo? Chi sono oggi e cosa chiedono a noi adulti?
Ho 38 anni, scrivo per ragazzi da circa 4… Per dire come sono cambiati nel tempo i bambini devo rifarmi a ricordi d’infanzia e ogni discorso su noi stessi è sempre falsato. Mi sembra che oggi i bambini abbiano molti più stimoli, nel bene e nel male. Sicuramente ci sono più libri scritti per loro di quanto non avvenisse 30 anni fa. Però non mi sembrano tanto cambiati, siamo cambiati noi, che li trattiamo sempre peggio illudendoci di trattarli meglio, di rispettarli. Ho trovato su “YouTube” vecchi filmati dello Zecchino d’oro del 1974. Erano bambini-bambini. Oggi la televisione ci propone bambini adultizzati o, peggio, erotizzati. Questa cosa mi spaventa. Per questo cerco sempre di essere onesta con i ragazzini che incontro. Ancora una volta, ho nelle orecchie il monito di Carver: “Niente trucchi da quattro soldi”.
Invii un messaggio a tutti loro:
In compagnia di un libro non si è mai soli.
Invii un messaggio agli adulti:
I bambini sono persone. In evoluzione, certo, ma sempre persone. Ascoltateli, i bambini, ma ascoltali sul serio (che non vuol dire necessariamente essere acquiscenti a ogni richiesta). Ne resterete stupiti.
Francesca Capelli è autrice dei libri:
- Veruska non vuole fare la modella – ed. San Paolo – 2008
- Maneggiare con cura – Per un ambiente migliore (Giunti Progetti educativi, 2004)
- Alto Adige, terra di arti e mestieri (Giunti Progetti Educativi, 2005)
- Dove lo butto? – Quando i rifiuti diventano risorse (Giunti Progetti Educativi, 2005)
- Amo l’acqua – Piccoli consigli per salvare ogni goccia (Giunti Progetti Educativi, 2006)
- Io ci sto… quindi partecipo! (Giunti Progetti Educativi, 2007)
- Curiosi Consumatori Consapevoli – Alla scoperta della buona agricoltura (Giunti Progetti Educativi, 2007)
- Missione possibile! Una sfida per battere le malattie genetiche (Giunti Progetti Educativi, 2007)
- La macchina uomo (Edizioni Dami, 1998)
ha curato la traduzione di:
- Parola di ranocchio – (Giunti)
- Il libro di Jog – (Giunti)
- La collana di filosofia “Piccole e grandi domande” – (Giunti)
- una serie sui pirati per la Giunti “I figli di Capitan Roc”, “IL vascello fantasma”, “L’isola degli squali”
- Tata Matilda va in città e Tata Matilda va in ospedale (San Paolo)